Approvato il 17 gennaio, in Consiglio dei Ministri, ecco cosa prevede il testo definitivo del decreto legge “DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI REDDITO DI CITTADINANZA E DI PENSIONI”, pubblicato il 29 gennaio in Gazzetta Ufficiale. 

Quota 100″, ovvero la possibilità di andare in pensione con 62 anni d’età e 38 di contributi, è un’opzione aggiuntiva che riguarda una platea potenziale di un milione di lavoratori nel triennio 2019-2021, per il solo 2019 circa 300 mila lavoratori, dei quali circa un terzo (123/126 mila) sono lavoratori pubblici.

Qui i principali aspetti della manovra.

–  QUOTA 100: Si aggiunge alle altre possibilità di uscita (pensione di anzianità – ovvero 42 anni+10 mesi di contributi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne-, pensione anticipata, precoci) e prevede il raggiungimento dei 62 anni di età e 38 di contribuzione (inclusa la contribuzione figurativa – malattia o disoccupazione – fino a 3 anni). La misura, in teoria, agevola i dipendenti pubblici rispetto ai privati, specie per i lavori gravosi e discontinui, realtà comune, come denunciato dalla Cgil, in particolare al sud. Ma per scegliere l’opzione “quota 100”, anche i dipendenti pubblici dovranno tenere presenti i paletti e le criticità della misura, valutandone la convenienza. 

La misura è sperimentale per il triennio 2019-2021, ma si prevede che chi avrà maturato i requisiti nel triennio potrà decidere di pensionarsi anche al termine della sperimentazione, mentre per raggiungere i 38 anni di contributi minimi non si potranno cumulare versamenti effettuati fuori dalle gestioni INPS (ad esempio casse privatizzate). 

– le finestre: la prima finestra disponibile per i dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti prima dell’approvazione del Decreto, sarà dal 1 agosto 2019 (dopo sei mesi se i requisiti verranno maturati dopo l’approvazione del Decreto). Quindi la quota minima effettiva sarà di “101.2”. 

– il TFS/TFR: la liquidazione verrà erogata al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia, ma si prevede la possibilità di anticipo, fino a 30.000 euro, attraverso un finanziamento bancario a tasso agevolato, con interessi pressoché interamente a carico dello stato. Il finanziamento e i relativi interessi dovranno essere restituiti in soluzione unica al momento del pagamento della quota residua dell’indennità di fine servizio. è prevista una detassazione a partire dall’1.5% il primo anno sull’IRPEF da pagare per la liquidazione, che dovrebbe compensare la quota interessi dell’anticipo bancario (Il meccanismo sarà regolato in un successivo decreto del Presidente del Consiglio e da una convenzione con ABI). 

– l’assegno: l’assegno pensionistico deriva da un calcolo sui contributi che ne determina il valore complessivo: è evidente che, anticipando l’uscita dal lavoro, minori saranno i contributi versati. Con l’opzione “quota 100” l’assegno verrà decurtato per la proporzionale riduzione del montante contributivo (meno anni di lavoro > minori contributi versati), con una media di -15-25% per retribuzioni medie.

– il divieto di cumulo: non sarà possibile cumulare la pensione con altri redditi da lavoro dipendente o autonomo; saranno consentite unicamente prestazioni per lavoro occasionale entro i 5.000 euro. 

– pace contributiva”: in via sperimentale per il triennio 2019-2021 scatta per tutti i lavoratori che hanno cominciato a lavorare dal 1 gennaio 1996 la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, i periodi non coperti da contribuzione fino a un massimo di 5 anni, facendo leva su versamenti fino a 60 rate mensili d’importo non inferiore a 30 euro. Per gli “under 45” è prevista l’opportunità del riscatto agevolato della laurea anche ai soli fini dell’incremento dell’anzianità contributiva. I periodi recuperati concorreranno in ogni caso al computo del “montante” contributivo sulla base del quale viene calcolato l’importo dell’assegno di pensione. Nella relazione tecnica che accompagna il decreto si stimano circa 3.500 adesioni l’anno fino al 2021.

– riscatto agevolato della laurea: interessa i lavoratori che non hanno ancora raggiunto i 45 anni di età; è utilizzabile anche ai fini del solo incremento dei contributi.

La sperimentazione triennale per “quota100” e l’annessa “pace contributiva” si completano con la sospensione per sette anni (fino al 2026) del blocco degli adeguamenti alla speranza di vita dei requisiti di anticipo pensionistico. 

La prescrizione dei contributi dei pubblici slitta di un ulteriore anno, congelata fino al 2021.

Sono state prorogate fino alla fine del 2019 le norme sull’APE sociale e Opzione Donna. Nel primo caso è possibile andare in pensione in anticipo per gli over 63 in condizioni di difficoltà con almeno 30 anni di contributi se disoccupati, o almeno 36 se impegnati in attività gravose. Per Opzione Donna servono almeno 58 anni di età e 35 di contributi per la pensione. 

I lavoratori e le lavoratrici interessati al calcolo dei requisiti e alla domanda di pensione possono recarsi in qualsiasi delle sedi INCA CGIL della Calabria.

Per qualsiasi informazione, oltre ai patronati INCA, è possibile consultare il volantino e/o la scheda allegata, tenendo ben presente che i delegati della SLC Calabria & Basilicata sono a completa disposizione.

Scarica il volantino INCA e CGIL Calabria

Scarica la scheda SLC CGIL Calabria & Basilicata

Pensioni: la mappa delle diverse opzioni possibili oltre quota 100 (fonte: Sole24Ore)

Qui la simulazione degli assegni a confronto (fonte: Sole24Ore)

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