Siamo alla vigilia di una trattativa molto complessa relativa all’ultimo segmento delle nuova riorganizzazione in PCL. L’azienda chiede senso di responsabilità e coerenza rispetto agli accordi sottoscritti precedentemente e la SLC Cgil, come sempre, cercherà di dare il suo contributo a tutti i livelli per garantire dignità del lavoro e salvaguardia dei livelli occupazionali. Stiamo, però, ormai da troppo tempo, registrando sul territorio e soprattutto nella Divisione PCL, una forte promiscuità del “middle management” territoriale con alcune forze sindacali, sulla gestione delle risorse umane. Ci troviamo di fronte ad un fortissimo arretramento di Poste Italiane su alcune realtà produttive di PCL del Paese, assistiamo basiti al fenomeno della cogestione dell’azienda con una parte della compagine sindacale, che ci ha fatto ritornare indietro di vent’anni: parliamo di dirigenti locali che invece di fare azienda preferiscono “tirare a campare” accontentando gli amici del “potente” sindacalista del territorio di turno. Da mesi le strutture regionali e provinciali della scrivente Organizzazione Sindacale, stanno producendo denunce sulla gestione clientelare delle risorse umane in PCL afferenti anche alle ricadute della nuova riorganizzazione: la Calabria, la Sicilia, la Toscana, la Lombardia, la Campania, la Sardegna e per ultimo la denuncia della SLC di Bari sul direttore del CMP che forse non ha compreso che la logistica in Poste va verso “Industria 4.0” e non verso la “Marchetta 4.0”. Chiediamo agli organi in indirizzo dove alberghi la responsabilità e la coerenza tra questi dirigenti che vivono, sul proprio territorio, “un’altra azienda Poste”, e come i responsabili di strutture complesse, quali CMP o RAM, vengano scelti seguendo criteri oggettivi o con altri parametri di valutazione. Noi abbiamo da subito dato credito al messaggio dell’Amministratore Delegato sulla valorizzazione delle risorse in azienda attraverso la meritocrazia, ma purtroppo dobbiamo constatare che questo messaggio nella Divisione PCL è stato solamente una pura enunciazione. Questa missiva non è dettata da senso di frustrazione o peggio ancora dalla sindrome di Calimero, ma per chiedere con forza segnali di coerenza tra quello che si decide a livello centrale, attraverso regole trasparenti dei processi aziendali, e quello che si verifica sui territori. Se non registreremo alcun cambiamento saremo costretti ad aprire, all’interno della nostra organizzazione, una profonda riflessione sul valore della coerenza e della responsabilità da noi finora mantenuta, a fronte di una indifferenza e sottovalutazione, degli organi in indirizzo, sulle problematiche sopra esposte. Cordiali saluti. Il Segretario Nazionale Nicola Di Ceglie

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