Vi spiego perché l’idea di togliere l’obbligo di astensione al 9° mese di gravidanza è una pessima idea.
“È una libera scelta”, si dice.
Sul posto di lavoro, “libera scelta” è una espressione che ha vita complicata.

Il rapporto tra datore e lavoratore non è paritario. Le tutele e i limiti posti nei contratti servono a difendere il soggetto che nel rapporto è più debole, vale a dire il lavoratore.

Se ciò è vero per tutti i lavoratori, lo è ancora di più per i precari o per coloro che, comunque, vivono un luogo di lavoro in cui il datore non è esattamente Adriano Olivetti.

Ergo, una lavoratrice al 9°mese di gravidanza, potrebbe essere “invitata”, per esigenze aziendali, a continuare il lavoro fino al parto e la scelta potrebbe non essere propriamente “libera”.
Non è un caso se esiste un DIVIETO e non una semplice clausola normativa, così come per il lavoro notturno: per salvaguardare la salute e il benessere della lavoratrice e del nascituro.

Già la condizione delle madri lavoratrici non è semplice per vari motivi. Questa è la ciliegina sulla torta dello smantellamento progressivo e inesorabile del sistema di diritti e tutele ormai in atto in questo Paese da almeno 20 anni a questa parte.

La libertà prima di tutto, disse una libera volpe a una libera gallina.

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