Vuoi il mio posto? Prenditi il mio handicap!

Così recitano i numerosi cartelli apposti in prossimità dei posti riservati ai diversamente abili nei vari comuni e nelle città.

Questo per ricordare agli automobilisti che avere un posto riservato non è un privilegio ma una necessità dovuta ad una condizione sicuramente involontaria e penalizzante rispetto alla restante popolazione.
È doverosa questa premessa, dopo aver letto con orrore, che Almaviva vorrebbe imporre, ai titolari di legge 104, la pianificazione dei permessi spettanti per legge entro il 25 del mese precedente!

LA DISABILITÀ NON È UN PIANO FERIE!

L’azienda, nel proprio comunicato, lamenta la impossibilità di programmare correttamente i propri volumi in quanto la propria popolazione è costituita dal 13% di titolari di legge 104, magari gli sgravi fiscali hanno contribuito a questo aumento?

L’azienda, sempre nel proprio comunicato, cita l’interpello ministeriale N. 31 del 6 luglio 2010, probabilmente avrà letto la parte che recita “si ritiene possibile, da parte del datore di lavoro, richiedere una programmazione dei permessi, verosimilmente a cadenza settimanale o mensile”, peccato che i testi vadano letti fino alla fine e non vadano estrapolati esclusivamente i pezzi che più ci piacciono, lo stesso interpello al rigo sottostante dice “laddove:
1) il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza;
2) purché tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad una effettiva assistenza;
3) segua criteri quanto più possibile condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze;”
Nessuna di queste 3 condizioni è presente nell’editto imperiale emanato da Almaviva, fortunatamente per noi, per molti versi anche per loro, ancora siamo in uno stato di diritto e vige il principio di” dura lex sed lex” quindi Almaviva potrà anche pensare di assimilare i propri editti a “bolle papali” ma nella Repubblica italiana in cui opera hanno una validità normativa inferiore alle leggi ordinarie e quindi nulla può essere imposto in questi termini.

Meglio avrebbe fatto l’azienda a chiedere un incontro per discuterne, senza presentare editti bulgari, sicuramente avrebbe ottenuto dalle RSU maggiore sensibilità sul tema. Probabilmente anche in questo caso le RSU sono state considerate delle figure esclusivamente di ratifica, lo dimostra la sola esposizione di un esame congiunto e non la richiesta di un accordo, ancora una volta non sono state viste come l’anello di congiunzione coi lavoratori. 

Trattare le RSU come semplici uditori e non come i loro rappresentanti democraticamente eletti scava un ulteriore solco, in questi termini l’azienda non otterrà che opposizione e dura lotta.

Ribadiamo quindi, per quanto espresso sopra, che il regolamento aziendale non ha alcun valore perché intende disciplinare una legge e non ne ha potere, se l’azienda imporrà tale regolamentazione ai lavoratori saremo pronti a tutelarli in tutte le sedi opportune.

Lascia un commento