Il 20 maggio del 1970 la Legge 300, meglio nota come Statuto dei lavoratori, viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, divenendo a tutti gli effetti legge dello Stato.

Affermerà Luciano Lama, segretario generale della Cgil: “Lo Statuto dei diritti è frutto della politica unitaria e delle lotte sindacali: lo strumento non poteva che essere una legge, ma la matrice che l’ha prodotta e la forza che l’ha voluta è rappresentata dal movimento dei lavoratori e dalla sua azione organizzata”.

E’ Giuseppe Di Vittorio il primo a parlare esplicitamente della necessità di uno Statuto dei diritti dei cittadini lavoratori.

Prendendo la parola nel corso dei lavori del Congresso del Sindacato dei chimici dell’ottobre 1952, Di Vittorio formula una proposta destinata ad assumere una grandissima importanza nella storia del Paese affermando: “I lavoratori sono uomini e liberi cittadini della Repubblica italiana anche nelle fabbriche, anche quando lavorano” scrive il segretario su “l’Unità” dell’11 ottobre 1952. Nell’interesse nostro, nell’interesse vostro dei padroni, nell’interesse della patria, rinunciate all’idea di rendere schiavi i lavoratori italiani, di ripristinare il fascismo nelle fabbriche […] Io voglio proporre a questo Congresso una idea che avevo deciso di presentare al prossimo Congresso della Cgil […] facciamo lo statuto dei diritti dei lavoratori all’interno dell’azienda. Formulato in pochi articoli chiari e precisi, lo statuto può costituire norma generale per i lavoratori e per i padroni all’interno dell’azienda […]”.

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