Venerdì scorso è stato firmato a Bari un Accordo che evita il licenziamento di circa 700 persone alla Network Contacts di Molfetta, una delle più grandi realtà di Contact Center della Puglia. È una notizia positiva, perché si evitano i licenziamenti in un settore che ha già pagato un tributo elevatissimo a riguardo. È grave invece il fatto che questa parte della filiera delle TLC sia sottoposta ciclicamente a tali ricatti occupazionali. Quando un intero territorio si trova di fatto sotto un ricatto bello e buono, con la scadenza precisa dei settantacinque giorni della procedura di licenziamento, è evidente che il finale sia scritto: o licenziamenti massivi, e questo settore ne ha già conosciuto gli effetti devastanti, o accordi meramente difensivi dove si toccano giocoforza diritti e salari dei lavoratori e, cosa non secondaria, si rischia di mettere in discussione una intera politica di settore. Ma il tema vero non sono gli accordi in quanto tali. Il tema vero risiede nel fatto che il settore delle TLC, almeno nella parte più esposta, non ha ancora trovato gli “anticorpi” per non arrivare a questi “colli di bottiglia” drammatici dai quali, in ogni caso, se ne esce sconfitti. Del resto anche quello che sta avvenendo in queste ore sulla clausola sociale per il cambio appalto INPS è altrettanto indicativo della disfunzione del sistema. Non è concepibile che i quattro player principali del settore dei call center non riescano a trovare un punto di sintesi fra di loro sui termini operativi del passaggio dei lavoratori e stanno, di fatto, tenendo in ostaggio circa 3000 lavori che vorrebbero semplicemente continuare a lavorare su una commessa che li vede impegnati da più di dieci anni. Fino al paradosso di queste ore con Comdata, che inizia a proporre unilateralmente l’assunzione solo ad una parte dei lavoratori senza una garanzia che le persone non coinvolte vengano licenziate dai fornitori uscenti. Come se non esistesse una clausola sociale normata da leggi e contratti. Una vergogna. Tutto questo in un quadro generale che vede il rinnovo del Contratto delle Telecomunicazioni bloccato proprio intorno al tema strategico della tenuta complessiva della filiera. E che il contratto delle Telecomunicazioni rimanga un contratto di filiera è un tema che non riguarda solo le parti più “deboli” di essa, ma coinvolge l’interesse strategico di mantenere l’integrazione verticale del settore e delle aziende. Molti passi in avanti sono stati fatti in questi anni. La conquista della clausola sociale ha permesso che, proprio in queste settimane, circa 2000 lavoratori impattati da alcuni importanti cambi di commessa stiano cambiando azienda senza rinunciare a nessun diritto, senza alcun arretramento nel salario.

E vorrà pur dire qualcosa che queste commesse fossero di aziende per nulla afferenti al contratto delle Telecomunicazioni? Vorrà dir qualcosa se da quando è stata approvata la clausola sociale, circa tre anni fa, non abbiamo avuto l’onore di vedere una sola procedura di successione di appalto nel perimetro delle aziende committenti di Telecomunicazioni? Così come, per restare a quanto avvenuto a Bari lo scorso venerdì, avrà un significato se dei quasi 400 FTE di esuberi dichiarati dalla Network, circa 300 lavorassero sulla commessa Wind (e non ci risulta ci fossero tanto problemi di volumi quanto problemi di sostenibilità fra costo del lavoro e prezzo riconosciuto dal Committente al fornitore). Senza infine dimenticare la vicenda di Almaviva che vede a rischio occupazione oltre 1600 persone nella sede di Palermo. E questo solo per citare i casi più eclatanti. La disponibilità di questo Sindacato a governare i cambiamenti, soprattutto nei perimetri dei committenti, non può e non deve essere confusa per arrendevolezza o non curanza verso le realtà più fragili del nostro settore. Se così fosse vorrebbe dire che ci troviamo dinanzi ad una controparte miope e sleale Ormai la misura è colma. In gioco c’è la tenuta del Contratto, il rapporto con i lavoratori, la sostenibilità di una filiera che dovrebbe essere la capofila della rivoluzione digitale e che invece, ciclicamente, ci sbatte davanti gli occhi drammi che con la modernità hanno davvero poco a che fare. Da questa situazione se ne esce a questo punto solo rilanciando sulle regole e sul Contratto. Il prossimo 30 ottobre misureremo in concreto la volontà del Governo di mettere in campo azioni reali e non di facciata volte a stabilizzare un settore fragile ed esposto a dinamiche di mercato folli, a partire da quanto fa la pubblica amministrazione che continua ad assegnare commesse ben al di sotto delle tabelle del costo orario ministeriali. Sul contratto invece il tempo delle tergiversazioni e degli approfondimenti con oggi è finito. Ci dica la controparte, in tempi rapidissimi, se davvero vuole rinnovare un contratto che risponda alle esigenze di un settore variegato e che sappia ridare valore a tutte le parti della filiera. Il tempo delle commissioni tecniche è esaurito. Ci dicano le aziende se vogliono portare un settore allo sfascio. In assenza di una risposta nelle prossime ore la strada è una e soltanto una: l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori e la mobilitazione del settore per il contratto, per le regole e per la difesa del salario.

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