Lo scorso Luglio in prossimità della approvazione del decreto
dignità, diverse aziende del settore dei call center in Calabria comunicarono
alle organizzazioni sindacali di Slc, Fistel e Uilcom della Calabria che allo
scadere dei contratti a tempo determinato, a seguito delle nuove normative
introdotte con il decreto Di Maio, avrebbero proceduto a non rinnovare i
contratti in scadenza. Prontamente le scriventi organizzazioni sindacali
denunciarono l’accaduto, chiedendo contestualmente alle segreterie nazionali la
realizzazione di un tavolo al Ministero dello Sviluppo Economico per affrontare
la vertenza “call center”. A fine luglio le segreterie nazionali
presentarono al governo “la piattaforma unitaria per il settore contact center”
offrendo soluzioni e proposte legate al tema della delocalizzazione, delle gare
al massimo ribasso, e ricercando un sistema di regolamentazione degli appalti.
Misure atte a mettere in sicurezza migliaia di lavoratori, stabilendo regole
chiare in un settore dilaniato dal liberismo sfrenato e caratterizzato dalla
precarietà contrattuale e salariale. Da quella data ad oggi in Calabria
hanno perso il lavoro circa mille persone e si apprestano a perderlo altri 500
nei prossimi mesi. Il clamore suscitato dal numero importante che ha impattato
la cittadina pitagorica al 31 Dicembre e impatterà al 31 Gennaio, dovrebbe
richiamare l’attenzione, oltre che dei media, anche del Governo.
Domani 17 Gennaio è
convocato presso il MISE un tavolo con all’ordine del giorno la vertenza call
center, in cui speriamo si possano affrontare con serietà e risolutezza
l’annoso problema di un settore martoriato dalla assenza di regole in un
mercato instabile e dalla flessibilità spinta.
Le segreterie regionali di Slc, Fistel e Uilcom nelle
prossime ore, visto la scarsa attenzione dimostrata dai parlamentari calabresi
di ogni colore, partito o movimento, ad eccezione di qualche dichiarazione in
perfetto stile “scaricabarile”, allerteranno le prefetture calabresi di
Catanzaro, Crotone, Cosenza e Reggio Calabria per segnalare il dramma sociale
che questi territori stiano vivendo, anche al fine di sensibilizzare il governo
sul tema, ponendo una opportuna attenzione al pesante dramma occupazionale che
la Calabria sta vivendo. Sicuramente la colpa non può essere addossata
al solo decreto dignità, la liberalizzazione del precariato ha ben altra
matrice, così come l’assenza di regole nel settore degli appalti non è di certo
imputabile a chi governa oggi.
Il Jobs Act, il decreto Poletti, la legge Fornero,
insieme al decreto Di Maio sono frutto di diverse matrici politiche, tutte
operanti senza il confronto sindacale. Certo è che dai parlamentari
calabresi che oggi siedono sui banchi del governo ci saremmo
aspettati qualche intervento più concreto, nel segno del “cambiamento”, e non
di scatenare una guerra tra poveri, favorendo esclusivamente un ricambio tra
precari. Confidiamo e speriamo che i parlamentari calabresi sappiano
approfittare della ghiotta occasione fornita dall’incontro di domani al MISE,
relativamente alla vertenza call center, per dare voce e soluzioni, ai tanti
calabresi che hanno perso il lavoro negli ultimi mesi, e a quelli che con forte
preoccupazione attendono le prossime scadenze di contratto.
Le segreterie regionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil
della Calabria